Parlano i Sanniti

Parlano i Sanniti
Il Toro, simbolo e portavoce di Mamers, il Dio della guerra, mi è giunto in sogno, e il suo muggito era profondo come il rimbombo tra le scoscese montagne petrose della mia terra:
 
"Brateis, o Gellio Egnazio!
 
Tu sei stato scelto per guidare il tuo popolo.
 
Prendi le armi, indossa l’armatura, calza l'elmo dal cimiero imponente: le mie corna bramano il ventre della Lupa, i miei zoccoli di calpestare le sue membra!"
 
"Aise! Ma i Romani sono troppo forti! Nulla è valso dare battaglia sotto le mura di Capua, effimera la vittoria e il giogo che imponemmo loro alle Forche Caudine… con i fratelli Marsi e Peligni li abbiamo affrontati, ma siamo stati marchiati da ignominiosa sconfitta… per oltre cinquant’anni abbiamo lottato contro Roma, ma alla fine abbiamo sempre perso!"
 
"Ah! È dunque questo l’orgoglio dei Safineis? È per vedervi chinare il capo che centinaia di anni orsono vi ho guidato dalle sponde del Lago Sacro di Cutilia e vi ho condotto ad una nuova patria?"
 
Sbuffò il Toro, dilatando le froge, e il suo alito fu tempesta:
 
"Non tra Marsi e Peligni, tra i vostri Fratelli Minori, troverete aiuto!
 
Va', Gellio Egnazio, io ti comando!
 
Per sconfiggere gli Uomini della Pianura devi cercare il sostegno dei Rasenna, saggi antichi, e versati in ogni arte: Roma era una loro colonia, un tempo, ed ora che la loro gloria volge al tramonto bramano il riscatto!
 
Recati anche presso gli Umbri, della stirpe dei tuoi Padri! Sono un popolo semplice, ma anche loro desiderosi di tornare agli antichi fasti!
 
Ottieni persino, ti ingiungo, il favore delle Bestie del Nord, dei Celti!
 
Già una volta le loro schiere espugnarono Roma, e i Quiriti tremano ancora al ricordo di Brenno e della ferocia dei suoi guerrieri!
 
Sii scaltro, Gellio Egnazio! Intessi alleanze, ordisci una trama intricata, e quando avrai terminato possiederai una maglia variopinta e indistruttibile, con cui intrappolare la Lupa!"
 
Alle prime luci dell'alba il sogno non si è dissolto, ma la parole del Toro sono apparse ancor più vivide e gravide di aspettativa, e ho capito ciò che dovevo fare, ciò che doveva essere fatto.
 
Da allora molto tempo è passato.
 
Mi sono recato presso le decadenti città dei Rasenna, presso i villaggi dei rustici Umbri, ho bevuto idromele in compagnia di folli barbari chiomati.
 
Ho ignorato lo sdegno malcelato dei primi, l'ottusa rassegnazione dei secondi e la tronfia spavalderia degli ultimi… cocciuto e caparbio, sono andato avanti a testa bassa, come il Toro di Mamers che parla con me e mi sprona ogni notte.
 
Ho ricordato a coloro che un tempo erano signori le glorie di un passato calpestato da sandali impietosi, a chi rimase a vivere sulle sponde del Lago Sacro la comune origine, e allettato le Bestie del Nord con la promessa di un ricco bottino.
 
Tutti alla fine hanno ceduto, e hanno unito le loro forze alle mie, chi per riscatto, chi per dovere, chi per cupidigia o sete di gloria.
 
Ed ora, il più grande esercito che mai sia stato riunito si prepara a marciare contro la Lupa.
 
La mia rete, intessuta con fatica e determinazione, è finalmente tesa.
 
Mamers scuoterà la sua lancia sopra le schiere, e il Toro avrà infine la sua mercede.
 
Ho fatto tutto ciò che era in mio potere per il mio popolo, come i miei antenati del Ver Sacrum mi sono consacrato anima e corpo agli Dei, e cosa accadrà sul campo di battaglia, ora, in fondo, non mi importa.
 
Qualunque cosa sarà, lo so, mi verrà restituita la pace di un sonno senza sogni.